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Recensione Tokyo Traffic Michael Pronko

  • Immagine del redattore: Rosalba Mancuso
    Rosalba Mancuso
  • 1 giu 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Un avvincente giallo sugli inquietanti legami tra criptovalute e traffico di esseri umani.

Possiamo definire così Tokio Traffic, terza parte di una saga che ha per protagonista il detective nipponico Hiroshi Shimizu.

Nel romanzo, l’eclettica e scintillante capitale giapponese fa da sfondo a un brutale triplice omicidio avvenuto in uno studio cinematografico di film porno. Tra le vittime, anche una minorenne.

Partendo da questa scioccante vicenda, il detective scoprirà un agghiacciante traffico di ragazzine, rapite nei loro paesi d'origine, drogate e portate a Tokyo per girare film a luci rosse, un'industria molto fiorente in Giappone, supportata da influenti politici e da leggi compiacenti.

I sordidi traffici e rapimenti sono rigorosamente pagati con criptovalute, in modo da non lasciare alcuna traccia riconducibile ad attività illegali.

Ciò che invece collega le valute digitali con il traffico di ragazzine è la scia di sangue che il detective giapponese si troverà ad affrontare lungo il suo cammino…

Dal talento e dalla penna di Michael Pronko, professore americano che insegna proprio a Tokyo, nasce un personaggio indimenticabile, che, per perspicacia e intelligenza, somiglia al noto commissario Montalbano.

Anzi, possiamo ben dire che Hiroshi Shimizu è la versione nipponica di Salvo Montalbano, e il suo autore, Michael Pronko, è l’erede del compianto Andrea Camilleri. Tra Shimizu e Montalbano ci sono però similitudini e differenze.

Quest’ultimo si muove in un ambiente più ristretto, la Sicilia, con le sue assurde tradizioni a volte causa di tragedie. Il secondo, invece, affronta sfide internazionali, dove i delitti e le tragedie non riguardano solo i bassifondi di una città o un misero studio di registrazione di film porno, ma tutto il mondo.

Sono, infatti, pochissimi gli autori di romanzi gialli che hanno avuto il coraggio di affrontare l’orrore del traffico di ragazzine e bambine. Quasi nessuno ne parla e quasi nessuno sa, che proprio nei mesi della pandemia, il traffico di essere umani si è intensificato sotto l’assordante silenzio dei media.

Le statistiche Unicef del 2019 rivelano che le vittime della tratta sono, nel 23% dei casi, bambine e ragazze e che il 95% delle violenze sessuali, a livello globale, riguarda proprio individui di sesso femminile.

Questa drammatica e violenta realtà emerge proprio dalle pagine del romanzo, dove si racconta di ragazzine sessualmente sfruttate.

Dalla trama si evince che le vittime sono costrette a girare scene a luci rosse con violenze vere. Veri sono, infatti, gli stupri che subiscono sul set, sotto lo sguardo indifferente di registi e produttori e di un pubblico di “guardoni” che paga per vederle morire nell’anima e nel corpo.

Brutalità e violenza causano morte e delitti, ma nella storia tutto è descritto con uno stile consono e non morboso.

Il lettore evince, immagina e desume, facendo le stesse deduzioni del detective e di tutti i poliziotti coinvolti nelle indagini.

Il romanzo affronta un tema scottante con rispetto e abilità narrativa, rendendo la storia non erotica ma letteraria e ricca di messaggi che ogni lettore dovrebbe conoscere.

Con Tokyo Traffic, la consapevolezza di un dramma e la denuncia di un reato globale diventano una fiction, ma non per puro compiacimento, ma per dovere. L’Asia, infatti, è il cuore della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.

Da lettrice posso solo ringraziare l’autore per aver avuto il coraggio di raccontare una realtà a molti sconosciuta.

I lettori italiani, a loro volta, possono ringraziare Michael Pronko leggendo il romanzo.

Anche se in inglese, l’opera può essere letta da tutti coloro che vogliono migliorare l’apprendimento di questa lingua straniera e conoscere un po’ meglio ciò che accade nel mondo.

 
 
 

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